Nel 1920 l'Iraq fu posto, per dieci anni, sotto il mandato britannico e governato dal re Feisal ibn Hussein. Alla fine del decennio, nel 1930, Gran Bretagna e Iraq sottoscrissero un trattato grazie al quale a quest’ultimo veniva riconosciuta una formale indipendenza; gli inglesi, però, a tutti gli effetti, continuavano a decidere le sorti sia politiche che economiche del Paese. Londra, attraverso politici a lei fedeli e mediante il mantenimento di proprie basi terrestri, aeree e navali, controllava le enormi risorse petrolifere, essenziali per gli interessi dell’Impero britannico.
Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, nelle forze armate irachene si affermò un forte risentimento verso gli inglesi; ai loro vertici vi erano gli esponenti del cosiddetto “Quadrato d’oro”, quattro generali che, pur di liberarsi della presenza britannica, erano disposti anche a un’alleanza con Germania ed Italia. Questi quattro generali erano i comandanti della prima e terza Divisione, il comandante delle Forze meccanizzate e il comandante dell'Aeronautica.
Quando scoppiò il secondo conflitto mondiale la Gran Bretagna pretese che l'Iraq (governato ora da un reggente, Abd al-Ilah, in nome del nipote di Feisal avente lo stesso nome del nonno: Feisal II), in base all’articolo 4 del Trattato del 30 giugno 1930, interrompesse le relazioni diplomatiche con Hitler.
Questo creò diversi malumori nell’esercito e nell’opinione pubblica irachena che vedeva così svanire la propria indipendenza; l’8 gennaio 1940, venne assassinato il ministro delle finanze Rustem Ḥaydar, noto per le sue posizioni filo inglesi; poco dopo cadde anche il governo e il nuovo incarico venne dato ad Ali al-Kaylani, avvocato nazionalista, antibritannico e già due volte premier.
Gli inglesi reagirono duramente e chiesero ad Abd al-Ilah (Reggente per il minorenne Faysal ibn Ghazi) di far dimettere il nuovo Primo Ministro; egli acconsentì e, nel gennaio del 1941, affidò l’incarico a Taha al-Hashimi, un ex generale con posizioni decisamente più favorevoli alla Gran Bretagna.
Come risposta Ali al-Kaylani e il “Quadrato d’oro”, il 2 aprile 1941, portarono a compimento un colpo di Stato avendo il pieno sostegno delle forze armate e di buona parte dei partiti politici iracheni; destituirono sia Taha al-Hashimi sia il re Feisal II (che si rifugiò nell’ambasciata americana) dando vita a un governo marcatamente filotedesco.
La prima cosa che fecero fu quella di circondare la base aerea inglese di al-Ḥabbaniyya (a una novantina di chilometri da Baghdad) situata nel centro del Paese; inoltre furono chiuse le valvole dell'oleodotto che collegava i pozzi petroliferi di Kirkuk al porto di Haifa spostandone il flusso verso depositi in Siria controllati dalle forze francesi di Vichy e, quindi, dalle forze dell’Asse.
In pratica il nuovo governo iracheno voleva impedire alla Gran Bretagna di utilizzare il proprio petrolio utilizzandolo, invece, come merce di scambio per ricevere aiuti da parte della Germania. I tedeschi, però, inviarono solamente alcuni caccia Messerschmitt BF-110, pochi bombardieri Heinkel e alcune apparecchiature contraeree.
La guerra che ne seguì durò una quarantina di giorni e si concluse con la vittoria inglese; gli iracheni ricorsero anche all’allagamento delle zone intorno alla base aerea di al-Ḥabbaniyya pur di ostacolare l’avanzata nemica ma, il 30 maggio, quando i britannici erano ormai alla periferia di Baghdad, si arresero.
Ali al-Kaylani fuggì dal paese e riparò prima in Persia e poi in Turchia; i generali del “Quadrato d’oro” vennero, invece, arrestati e condannati a morte. Venne disarmata la polizia, colpevole di essere troppo antibritannica, venne vietata la possibilità di costituire partiti politici e venne imposta la censura.
L’invasione della Siria
L’8 giugno 1941, dopo avere represso la rivolta in Iraq, gli inglesi, insieme a truppe indiane e della “Francia Libera” e comandata dal generale Henry Wilson, invasero anche la Siria.
L’offensiva fu condotta sia da ovest che da sud; ad essa si contrapponeva l’esercito siriano, composto da circa 35.000 uomini, agli ordini del generale Dentz.
I siriani, numericamente inferiori e impossibilitati dal ricevere aiuti dalla Germania, resistettero strenuamente e causarono forti perdite alle truppe attaccanti. Alla fine, però, il 22 giugno, Damasco cadde in mano nemica e, il 10 luglio, Dentz si arrese ottenendo l’onore delle armi.
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