giovedì 8 aprile 2010

Il fronte russo nel 1943

La resa di Paulus a Stalingrado

Agli inizi del 1943 sei armate sovietiche aumentavano sempre più la pressione sulla sesta armata di Paulus circondata a Stalingrado. I tedeschi ricevono solo una minima parte dei rifornimenti necessari solamente perché controllano ancora due piste di atterraggio.
Il comandante russo dell’intero fronte del Don, Rokossovskij, l’8 gennaio inviò un ultimatum al comandante tedesco Paulus ma questi rifiutò la resa dato che non voleva contraddire gli ordini di Hitler di resistere ad ogni costo.
I viveri, però, erano diventati ormai insufficienti e le condizioni fisiche dei soldati ne risentirono.
A fine gennaio, dopo che la sua armata era stata divisa in due tronconi dagli attacchi nemici, Paulus chiese al Fuhrer l’autorizzazione ad arrendersi ma questi rifiutò ancora categoricamente; questa volta, considerato che era pura follia resistere ancora, ignorò l’ordine e, il 2 febbraio, si arrese insieme al suo stato maggiore e ad altri 50 generali. I circa 90.000 sopravvissuti all’accerchiamento dovettero marciare a piedi verso la Siberia e molti di loro morirono di fame o assiderati; ne sopravvissero solo 6.000.

I sovietici all’attacco

All’inizio del 1943 i generali sovietici, sfruttando il momento di difficoltà dei tedeschi, volevano respingere i loro nemici, con una grande offensiva, fino al fiume Dniepr.
Mentre procedeva la liberazione del Caucaso, il 30 gennaio i russi diedero il via a due operazioni, una denominata “Galoppo” diretta proprio verso il Dniepr e l’altra chiamata “Stella” diretta verso il Mar d’Azov. Erano anche all’offensiva in altri settori: sul fronte di Leningrado, su quello di Vjazma e nel settore di Orel e Smolensk.
All’inizio di questa offensiva generale, per cogliere alle spalle i tedeschi che cercavano di portare aiuto all’armata intrappolata a Stalingrado, i russi attaccarono anche nel settore dove era schierata l’8° armata italiana che, con la minaccia concreta di essere accerchiata, fu costretta a ripiegare battendosi duramente per cercare di raggiungere le forze tedesche sul fiume Donec; iniziò, per gli italiani, la tragica ritirata di 300 chilometri a piedi attraverso la steppa.
I russi avanzarono per circa 500 km a ovest di Stalingrado annientando anche il contingente ungherese. L’8 febbraio presero Kursk e il 16 Kharkov. Questa direttrice di attacco sovietica, sferrata in direzione di Rostov, permise, però, ai tedeschi di far rientrare le truppe di Von Kleist dal Caucaso, che già da più di un mese erano sulla difensiva.

Febbraio - Marzo 1943: riconquista tedesca di Kharkov.

I tedeschi, intanto, avevano fatto affluire dalla Francia nuovi reparti corazzati e, con l’apporto di essi, iniziarono una controffensiva avente lo scopo di stabilizzare l’intero fronte orientale annientando le forze sovietiche.
Il 19 febbraio Manstein, uno dei migliori comandanti tedeschi che durante i mesi precedenti aveva splendidamente organizzato la ritirata dal Caucaso, passò all’offensiva; dopo aver riorganizzato i suoi reparti, comprendenti anche divisioni corazzate delle Waffen SS, attaccò i sovietici, cogliendoli completamente di sorpresa, e li costrinse ad abbandonare Kharkov. I nazisti arrivarono alla linea del Donec e del Mius.

La battaglia di Kursk (operazione “Zitadel”)

Agli inizi della primavera del 1943 la linea del Fronte Orientale aveva, in corrispondenza del settore di Kursk, un grosso saliente in cui erano presenti le forze sovietiche; questa, per loro, era pericoloso dato che esse sarebbero potuto essere attaccate dai tedeschi con una manovra a tenaglia.
Nel luglio, infatti, i nazisti, in previsione di migliori condizioni meteorologiche rispetto al terribile inverno passato, organizzarono una grossa controffensiva (denominata operazione “Zitadel”), proprio nella zona di Kursk, per rompere il saliente nemico e distruggere le grandi forze che i russi vi avevano concentrato.
Questo saliente si estendeva in profondità nelle linee tedesche per più di 100 Km con una larghezza di 150; i tedeschi pensavano che, in esso, vi fossero schierati un milione di soldati sovietici che contavano di accerchiare con un doppio attacco da nord e da sud.
L'attacco, che in un primo momento era stato pianificato per la primavera del 1943, venne rinviato ai primi di luglio per dar tempo alle formazioni tedesche di essere integrate con nuovi carri armati tra cui il “Panther D” e il “Tiger I”, gli unici a poter tenere testa ai T-34 nemici. Le forze corazzate naziste, infatti, erano uscite molto indebolite dalle campagne precedenti ma Guderian e Speer erano riusciti a incrementare la produzione di carri armati e di equipaggiamento.
I sovietici, però, tramite loro spie in Svizzera, conoscevano perfettamente le intenzioni nemiche e avevano fortificato la zona con nuove linee difensive, cinquemila chilometri di trincee e centinaia di migliaia di mine.

L’attacco

L’attacco tedesco doveva svolgersi contemporaneamente da nord e da sud. A nord vi era la nona armata, al comando del generale Walther Model, che era composta da sette divisioni corazzate, due di Panzergrenadier e nove di fanteria. A sud era schierata la quarta armata, sotto la guida del generale Hermann Hoth, formata da dieci divisioni corazzate, una di Panzergrenadier e sette di fanteria. Alle forze naziste si opponevano 11 armate sovietiche con il supporto di circa 20.000 pezzi d'artiglieria.
A nord Model attaccò con otto divisioni di fanteria e solamente una corazzata (le altre le teneva di riserva per lanciarle oltre il saliente una volta sfondato il fronte); i russi, però, opposero una tenace resistenza e i campi minati crearono grossi ostacoli alla fanteria di Hitler; alla fine della prima giornata i tedeschi erano avanzati di soli sette chilometri e non erano entrati in possesso di nessun punto chiave.
Il 6 luglio Model impiegò anche le divisioni corazzate di riserva ma i sovietici tennero le loro posizioni. Tre giorni dopo il comandante tedesco interruppe gli attacchi.
A sud Hoth decise, invece, di lanciare all’offensiva tutte le sue forze fin da subito. In questo settore, nonostante grosse perdite, i tedeschi riuscirono a sopraffare la prima linea sovietica, a passare il fiume Donec e a stabilire una testa di ponte. L’offensiva nazista proseguì con decisione e il 9 luglio superarono anche i fiumi Pena e Psel.
Il giorno 12 tre divisioni di SS iniziarono l’attacco per la conquista della città di Prohorovka. I loro 200 carri armati si scontrarono con gli oltre 800 della 5°armata corazzata russa; lo scontro fu durissimo e proseguì per tutta la giornata. Alla fine, i tedeschi furono costretti a cedere.

La fine di “Zitadel”

Il 10 luglio 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia; per evitare che l’isola fosse persa, causando la caduta di Mussolini e l’uscita dell’Italia dall’Asse, Hitler trasferì alcune divisioni (tra cui la “Leibstandarte”) al Brennero indebolendo quindi la zona del saliente di Kursk. Qui, due giorni dopo, i sovietici scatenarono un’offensiva contro la città di Orel conquistandola e penetrando nelle linee difensive tedesche; la presa di Orel era, per i sovietici, di grande importanza strategica in quanto era la base dalla quale i nazisti avevano minacciato Mosca fin dal 1941.
Da quel momento i tedeschi non ebbero più la possibilità di riprendere l’iniziativa e, il 13 luglio, Hitler decretò la fine dell’operazione “Zitadel” che si era risolta in uno scacco completo. Egli, a Kursk, perse circa il 60% delle sue forze corazzate schierate sull’intero Fronte Orientale.

I sovietici arrivano al Dniepr

I sovietici passarono all’offensiva su tutto il Fronte.
In agosto attaccarono nel settore di Belgorod e respinsero i tedeschi nonostante questi si battessero con tenacia e infliggessero gravi perdite. Il 5 i russi liberarono Orel, il 23 vinsero la quarta battaglia di Kharkov e i primi di settembre sfondarono il fronte sul Mius.
Solamente a questo punto Hitler accettò, su consiglio dei suoi generali, un ripiegamento generale sul fiume Dniepr.
Nonostante il piano dei nazisti di costituire una salda linea difensiva sul fiume, i sovietici riuscirono subito a creare numerose teste di ponte che utilizzarono come basi di partenza per lanciare le loro truppe verso ovest. A nord l’Armata rossa entrò il 17 settembre a Brjansk e il 25 a Smolensk, in Ucraina gli uomini di Stalin liberarono a Kiev il 6 novembre e, più a sud, entrarono a Dnepropetrovsk e Zaporoze.

Gli ultimi mesi del 1943

Nei mesi di novembre e dicembre del 1943 i tedeschi, con l‘apporto di nuove truppe provenienti da ovest, contrattaccarono le truppe sovietiche che avevano liberato Kiev mettendole in difficoltà.
Alla fine del 1943 la netta superiorità dell’Armata Rossa rispetto alla Wehrmacht era evidente sia in termini di uomini che di mezzi, anche se i tedeschi conservavano ancora il controllo su vaste regioni come la Crimea.

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