giovedì 8 aprile 2010

La conquista giapponese delle Filippine

Le Filippine, cedute dalla Spagna agli Usa dopo la guerra Ispano-Americana del 1898, erano vicine ad ottenere la piena indipendenza ma la loro difesa rimaneva sotto la responsabilità statunitense. Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, il piano difensivo americano prevedeva una grossa vittoria navale mediante l’utilizzo delle corazzate di base a Pearl Harbor; anche se queste fossero giunte con ritardo, le truppe filippine e statunitensi presenti sulle isole si sarebbero, nel frattempo, rintanate nella piazzaforte di Bataan e nell’isola fortificata di Corregidor.
Nel luglio 1941 il comando di tutte le Forze Americane nell’Estremo Oriente venne affidato al generale Douglas MacArthur. Egli era convinto che i nipponici, in caso di attacco, sarebbero dovuti essere fermati già al momento dello sbarco sulle spiagge; per questo fece schierare, sull’isola di Luzon, un centinaio di bombardieri B-17 “Flying Fortress” di base all’aeroporto “Clark”.
A causa del fuso orario, la notizia dell’attacco giapponese a Pearl Harbor giunse a Manila solamente alle 2.30 del mattino dell’8 dicembre 1941.
Solo a mattinata avanzata gli americani decisero di bombardare i campi d’aviazione giapponesi a Formosa; le missioni furono fissate al pomeriggio. Durante il pranzo, però, furono i nipponici a precederli e ad attaccare l’aeroporto “Clark”. L’attacco durò circa un’ora e colpì, oltre ai depositi e alle aviorimesse, anche i bombardieri americani schierati sulle piste; cento di questi furono distrutti al suolo e vi furono centinaia di morti.
Tra il 10 e il 14 dicembre i giapponesi sbarcarono ad Aparri e a Legazpi; le divisioni filippine batterono in ritirata mentre gli americani vennero tenuti di riserva.
Il 22 dicembre i nipponici presero terra, con 43.000 uomini, anche nel Golfo di Lingayen, nell’isola di Luzon; nonostante forti perdite, alla fine sopraffecero la resistenza dei difensori e si misero in marcia verso Manila congiungendosi con i reparti sbarcati in precedenza ad Aparri.
Gli americani mandarono in battaglia il loro 26° Cavalleria ma questo fu sopraffatto dai veicoli corazzati nemici presso Binalonen. MacArthur, non potendo continuare una decisa resistenza, scelse di ritirarsi nella penisola di Bataan. Il giorno 23, dopo che i nipponici sbarcarono settemila soldati anche nella baia di Lamon (nella parte meridionale di Luzon), dichiarò Manila “città aperta” e si imbarcò per l’isola di Corregidor dove, nella galleria di Malinta, si trovava il suo nuovo Quartier Generale.
Il 1° gennaio 1942 i giapponesi entrarono a Manila e si prepararono ad attaccare la penisola di Bataan dove, tra americani e filippini, erano presenti 80.000 uomini.

La conquista di Bataan

Dopo che il 3 gennaio Wainwright assunse il comando dei soldati americani e filippini che si trovavano sia nella penisola di Bataan che nell’isola di Corregidor, i giapponesi sferrarono la loro offensiva, il giorno 9, guidati dal tenente generale Masaharu Homma; egli impiegò uomini non più giovani dato che aveva mandato le sue migliori unità alla conquista delle Indie Orientali Olandesi.
I nipponici si lanciarono frontalmente contro i filippini ma subirono gravi perdite; oltre a non aver fatto ricognizioni preventive, avevano sottovalutato la forza e la determinazione dei difensori e completamente sbagliato l’approccio al combattimento.
Il 22 gennaio Homma inviò alcuni reparti sulle coste di Bataan ma le truppe di MacArthur li contrattaccarono efficacemente; quattro giorni dopo i giapponesi si gettarono ancora all’assalto delle trincee alleate ma, alla fine, furono ancora respinti con gravi perdite da entrambe le parti.
L’8 febbraio Homma sospese gli attacchi e si ritirò in postazioni più facilmente difendibili. Lo stesso giorno, però, MacArthur seppe da Washington che i rinforzi non sarebbero mai arrivati in suo aiuto.
L’11 marzo 1942 MacArthur, con la sua famiglia e lo stato maggiore, fuggì a bordo di una motosilurante e raggiunse Mindanao, nelle Filippine meridionali. Da qui, raggiunse l’Australia a bordo di un B-17. Al suo posto, il giorno 20, venne nominato Wainwright che, a sua volta, designò il generale Edward King comandante di Bataan.
Qui, il 3 aprile, i giapponesi scatenarono una nuova offensiva supportata da un massiccio bombardamento aereo e dall’appoggio di numerosi pezzi di artiglieria. Questa volta gli americani e i filippini non poterono contenere gli attacchi; le migliori unità vennero evacuate sull’isola-fortezza di Corregidor mentre, il giorno 9, King si arrese consegnando ai nipponici 10.000 soldati statunitensi e 60.000 filippini.

L'assedio di Corregidor

Il 10 aprile il Sol Levante iniziò l’assedio di Corregidor; 150 batterie cannoneggiarono la fortezza ininterrottamente per 27 giorni mentre i bombardamenti aerei si facevano sempre più pesanti. Il 2 maggio venne centrata la polveriera: sessanta uomini morirono sul colpo e vi furono centinaia di feriti.
Quattro giorni dopo i giapponesi sbarcarono all’estremità dell’isola (presso Punta Nord) e, dopo violenti combattimenti con i difensori, a metà mattinata si trovavano già nei pressi della galleria di Malinta affollata di feriti e rifugiati.
Sotto la minaccia nipponica di uccidere gli ammalati e i civili nel caso non fossero state accettate le condizioni di resa, a Wainwright non rimase altro che ordinare a tutte le forze americane presenti nelle Filippine di arrendersi.

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