Lo spionaggio

L'operazione "Anton"

Operazione “Anton” era il nome in codice dell'invasione, da parte tedesca e italiana, della Repubblica di Vichy.
L’invasione era stata decisa da Hitler nel novembre del 1942 dopo che gli anglo-americani erano sbarcati sulle coste del Marocco e dell’Algeria (operazione “Torch”); questi territori erano protettorati francesi ma le forze al comando dell’ammiraglio François Darlan opposero solo una debole resistenza.
La sera del 10 novembre 1942 l’operazione fu attuata: l’avanzata tedesca seguì due direttrici con due armate della Wehrmacht al comando del generale Johannes Blaskowitz. La 1° si mosse da Nantes verso Bordeaux raggiungendo i Pirenei e il confine con la Spagna; la 7°, dalla Francia centrale, si diresse verso Vichy e Tolone.
Dall’Italia, invece, la 4°Armata del Regio Esercito occupò la Costa Azzurra e la Corsica.
Ventiquattrore dopo i carri armati tedeschi avevano già raggiunto il Mediterraneo.
Le armate dell’Asse non incontrarono praticamente opposizione. Solo a Tolone i 50.000 uomini dell’esercito di Vichy si sistemarono intorno alla città per difenderla; quando, però, fu loro richiesto di arrendersi decisero di acconsentire per evitare inutili stragi di uomini.
L’obiettivo delle truppe di Hitler era il porto della città dove era ormeggiata la flotta francese.
Erich Raeder, comandante della Kriegsmarine, era convinto che i marinai francesi avrebbero seguito le clausole contenute nell’armistizio non consegnando le loro navi a nessun’altra nazione ma Hitler voleva, invece, prendere in consegna la flotta e trasferire tutte le unità in Italia.
Il 27 novembre i tedeschi invasero l’arsenale di Tolone.
Le navi francesi (composte da 38 moderne navi da guerra al comando dell'Ammiraglio Jean de Laborde e dell'Ammiraglio André Marquis), sempre secondo l’armistizio, avrebbero dovuto avere i serbatoi quasi vuoti, ma, attraverso rapporti falsificati e la manipolazione dei cruscotti, tennero, invece, sempre carburante in quantità sufficiente per poter lasciare il porto.
Laborde, che non voleva consegnare le sue unità all’Asse, riuscì a farle salpare e ad autoaffondarle al largo.
Il bilancio del naviglio perso da parte dei tedeschi e degli italiani era di due corazzate, un incrociatore da battaglia, sette incrociatori, una nave-trasporto aerei, ventinove cacciatorpediniere, due sommergibili e altre unità minori.

L'incidente di Venlo

Il cosiddetto “Incidente di Venlo” permise la cattura, avvenuta il 9 novembre 1939, di due agenti inglesi del SIS da parte della Gestapo.
Venlo era una cittadina olandese, a otto km dal confine con la Germania, in cui due agenti inglesi dovevano incontrare dei presunti ufficiali tedeschi che stavano organizzando un complotto contro Hitler; in realtà, questi ultimi erano agenti nazisti guidati da Alfred Naujocks che avevano lo scopo di passare ai britannici false informazioni sulle perdite avute dalla Germania durante la Campagna d Polonia e sul come arrestare il Fuhrer.
I due agenti a cui il SIS affidò la missione furono il Capitano Sigismund Payne Best e il Maggiore Richard H. Stevens.
Himmler però cambiò i piani e decise per la cattura dei britannici. Gli agenti tedeschi entrarono nei Paesi Bassi la notte tra l’8 e il 9 novembre 1939 e andarono verso un caffè di Venlo dove dovevano vedersi con i due inglesi (questi ultimi insieme a Dirk Klop, un ufficiale dei servizi segreti olandesi); una volta attivati sul posto i tedeschi bloccarono la macchina dei tre, uccisero Klop e catturarono Best e Stevens, che rimasero prigionieri fino alla fine della guerra.
La loro cattura fu molto importante perché Stevens portava con sé la lista degli agenti inglesi operativi in Germania; ne vennero arrestati molti, specialmente in Cecoslovacchia.
Con l’incidente di Venlo Hitler accusò i Paesi Bassi di favorire l’operato di agenti britannici e lo usò come pretesto per non rispettare la neutralità olandese nell’attacco a ovest del 1940.