giovedì 8 aprile 2010

L'invasione della Sicilia (Operazione Husky)

Fin dall’inizio del 1943 gli anglo-americani intensificarono i bombardamenti aerei contro le città italiane in previsione dello sbarco alleato in Sicilia; questo, oltre che a causare la probabile capitolazione italiana, serviva per distogliere divisioni tedesche dal fronte orientale, venendo in aiuto alle truppe sovietiche che, in quel momento, stavano compiendo il massimo sforzo contro le truppe di Hitler.

La conferenza di Casablanca

Il 14 gennaio, a Casablanca, si incontrarono Roosevelt e Churchill; quest’ultimo sostenne la necessità di attaccare il “ventre molle dell’Europa”, ovvero il sud dell’Italia, in previsione, poi, di un massiccio sbarco da tenere in Francia nel 1944 per aprire il cosiddetto “secondo fronte” tanto richiesto da Stalin. A Casablanca fu, quindi, decisa l’invasione della Sicilia, da tenersi nei mesi di giugno o luglio, la cui pianificazione venne affidata al generale Eisenhower; lo sbarco, secondo i servizi segreti alleati, avrebbe avuto un forte impatto psicologico sulla popolazione causando, oltre che la resa italiana, anche la caduta del fascismo.
Nei mesi da febbraio a maggio del 1943 i bombardamenti anglo-americani si fecero sempre più frequenti e intensi; colpirono, oltre alle città della Sicilia e della Sardegna, anche Torino, La Spezia, Livorno, Napoli (più di sessanta incursioni aeree), Bari e Taranto causando dappertutto ingenti danni ma, soprattutto, numerose vittime civili.
La data esatta dell’invasione, fissata alla fine per il 10 luglio, venne decisa in maggio a una conferenza a Washington a cui parteciparono Roosevelt, Churchill e i rispettivi Stati Maggiori.

La conquista di Pantelleria

Per la riuscita dello sbarco si rendeva necessario, per gli Alleati, occupare l’isola di Pantelleria, situata nel Canale di Sicilia; una volta preso il possesso la si sarebbe usata come base da cui fare decollare i bombardieri.
La propaganda italiana la definiva un’isola praticamente inespugnabile (era difesa da 11.000 uomini e 180 cannoni) e Mussolini arrivò a dire che sarebbe stata la “Stalingrado d’Italia”.
Gli anglo-americani sferrarono su Pantelleria violente campagne aeree: in soli sei giorni, tra il 6 e l'11 giugno 1943, vi furono sganciate 5.000 tonnellate di bombe. Gli italiani si arresero immediatamente non provando nemmeno a resistere all’offensiva nemica: tutti gli 11.000 difensori furono presi prigionieri e gli Alleati non ebbero nemmeno una perdita.
Nei due giorni successivi alla caduta di Pantelleria capitolarono anche le isole vicine di Lampedusa, Linosa e Lampione; gli abitanti di Lampedusa si arresero, addirittura, a un pilota di un aereo costretto ad atterrare per mancanza di carburante!

Lo schieramento italo-tedesco in Sicilia

In Sicilia si trovava la Sesta Armata italiana al comando del generale Alfredo Guzzoni; era composta da circa 220.000 uomini (raggruppati nelle divisioni “Aosta”, “Assietta”, “Livorno” e “Napoli”) ma era molto carente sia come armamento che come mezzi motorizzati; l’unica eccezione era la presenza di un battaglione di artiglieria semovente (aggregato alla “Livorno”) in grado di contrastare efficacemente qualunque mezzo corazzato alleato. Inoltre, mancava una vera protezione antiaerea.
La Regia Marina non intervenne a protezione della costa siciliana e non mandò nessuna nave per contrastare la flotta alleata; questa decisione fu giustificata dal fatto che lo scontro sarebbe stato impari vista la schiacciante superiorità numerica nemica.
I tedeschi, invece, schieravano 40.000 uomini, perfettamente equipaggiati, suddivisi nella divisione “Hermann Goring” e in reparti della 15°.

Lo schieramento alleato

Gli Alleati prevedevano di impegnare nello sbarco siciliano 160.000 uomini, 2.775 navi da guerra e da trasporto, più di 1.100 mezzi da sbarco, 4.000 aerei, circa 14.000 veicoli, 600 carri armati e 1.800 cannoni.
La Royal Navy schierava due portaerei (“Formidable” e “Indomitable”), quattro corazzate (“Nelson”, “Rodney”, ”Warspite” e “Valiant”), dieci incrociatori e 27 cacciatorpediniere. La marina americana contribuiva con cinque incrociatori e 25 cacciatorpediniere.

Lo sbarco

Alle prime ore del 10 luglio 1943 iniziò l’operazione “Husky” al comando di Eisenhower. Le forze alleate che vi erano destinate, raggruppate sotto il 15º Gruppo di Armate guidato dal generale inglese Harold Alexander, erano la 7° armata statunitense e l’8° armata britannica.
La 7° armata americana, al comando di George Patton, sbarcò quattro divisioni (la 1°, la 2° corazzata, la 3° e la 45°) nel tratto tra Gela e Licata mentre l’82° Divisione Aviotrasportata si lanciò tra Gela e Scoglitti.
Nelle prime 24 ore gli statunitensi sbarcarono 160.000 uomini. La maggior parte delle truppe italiane si arrese praticamente senza combattere e solamente alcuni reparti continuarono a lottare lealmente al fianco dei tedeschi. La difesa della Sicilia passò, quindi, esclusivamente alle truppe di Hitler che vi schieravano, al comando del tenente generale Hube, il 14° Panzer Korps composto dalla Panzer Division “Hermann Goring” e dalla 15° Panzer “Grenadier”.
Vi furono aspri sconti con i nazisti e si tenne una cruenta battaglia nella piana di Gela ma, alla fine, gli americani riuscirono a prevalere.
Il 16 luglio occuparono Agrigento, il 18 Caltanissetta, il 22 Trapani e Palermo; inoltre nel giro di un mese conquistarono tutti gli aeroporti del’isola e fecero 18.000 prigionieri.
L’8° armata inglese era suddivisa tra il XXX Corpo d'armata (formato dalla 1° Divisione canadese, dalla 51° Divisione e dalla 231° Brigata Malta) e il XIII Corpo d'armata (composto dalla 5° e dalla 50° Divisione). Al comando di Bernard Law Montgomery, prese terra sul versante ionico nei tratti di costa tra la penisola di Pachino e la piazzaforte di Augusta (tranne i canadesi che sbarcarono più a sud). Due brigate appartenenti alla 1ª Divisione Aviotrasportata furono lanciate dietro le linee italiane per conquistare punti chiave per l’avanzata.
I piani inglesi erano di avanzare rapidamente attraverso la piana di Catania per proseguire, successivamente, verso Messina.
Per poter arrestare l’offensiva nemica, invece, il Comando tedesco organizzò una linea difensiva intorno all'Etna. Qui venne mandata la 1° divisione “Fallshirmjaeger” agli ordini del generale Richard Heidrich.

L'operazione “Fustian”

Con lo scopo di accedere alla piana di Catania Montgomery aveva lanciato, il 13 luglio 1943, l’operazione “Fustian” con l’utilizzo di alianti e paracadutisti; questi erano composti dalla 1° Brigata parà, dal 1° squadrone di genieri e dalla 16° unità aviotrasportata (1.856 uomini in totale). L’obiettivo erano costituito dal ponte Primasole sul fiume Simeto.
Per l’operazione si preparò anche un distaccamento di artiglieria formato da 77 uomini con 10 cannoni controcarro e una ventina di jeep per il trasporto.
I paracadutisti avrebbero dovuto eliminare ogni resistenza nemico col quale fossero venuti a contatto e convergere verso il ponte di Primasole per assicurarsene il possesso.
I velivoli alleati partirono alle 22 dagli aeroporti in Tunisia ma, nonostante i comandanti delle forze navali sapessero del loro arrivo, due aerei vennero abbattuti dalla contraerea amica mentre altri 9 subirono danni tali da doverli farli rientrare alle basi; alla fine 14 aeroplani andarono persi e altri 34 furono seriamente danneggiati.
Alle 22.15 furono lanciati i paracadutisti; la maggior parte atterrò a molti chilometri dai punti stabiliti mentre alcuni gruppi presero terra oltre 30 km a nord di Catania. Quelli della seconda ondata si ritrovarono nella zona presidiata da un battaglione della Fallschirmjäger Division, a nord del ponte; i tedeschi reagirono e costrinsero gli inglesi a ritirarsi verso sud-est verso il ponte.
I britannici riuscirono a radunare circa 150 uomini con i quali lanciare l’assalto al ponte sul Simeto ma, anche se riuscirono a disinnescare le cariche esplosive poste sotto di esso, verso la sera del 14 luglio e dopo combattimenti durati tutta la giornata, furono respinti sulle alture a sud del ponte.
I tedeschi vennero rinforzati da un cannone antiaereo da 88 e un loro assalto costrinse i britannici a ritirarsi ancora più a sud.
Gli attaccanti aspettarono di una brigata della 50a divisione di fanteria e del 44° Reggimento corazzato con i suoi carri armati Sherman, dopo di che riprovarono un nuovo assalto al ponte. Un primo attacco non andò a buon fine e ne venne respinto anche un secondo grazie al fuoco del micidiale cannone da 88 mm.
Solamente l’intervento dei cannoni delle navi da guerra inglesi fece in modo di avere la meglio sui parà tedeschi; questi ultimi subirono un duro bombardamento e persero anche il cannone antiaereo centrato in pieno da un colpo.
Essi, però, continuarono a opporre una tenace resistenza fino al giorno 17, quando il ponte cadde definitivamente in mano inglese; gli uomini del 4° reggimento riuscirono a ritirarsi verso nord mentre quelli del 3° reggimento, dopo aspri combattimenti, si ricongiunsero con altre truppe tedesche giunte a Paternò.

La caduta della Sicilia

Il 20 luglio le truppe dell’Asse erano ormai strette tra l’avanzata americana da ovest e quella britannica da sud e Hube, il comandante del 14° Panzer Korps tedesco, ritirò le proprie unità dalla Sicilia centrale; per di più, il 25 luglio Mussolini venne destituito dal Gran Consiglio del Fascismo e i soldati italiani andarono letteralmente allo sbando smettendo di combattere e lasciando ai soli tedeschi il compito della difesa della Sicilia.
Una volta constatata l’impossibilità di ributtare a mare gli Alleati, i tedeschi ordinarono, con l’operazione “Lehrgang”, l'evacuazione dell'isola e il trasporto del maggior numero possibile di uomini e mezzi in Calabria. Furono i paracadutisti della “Fallschirmjaeger division” a scontrarsi con le unità alleate dando, in questo modo, il tempo alle altre truppe di imbarcarsi.
Gli ultimi reparti dei paracadutisti lasciarono la Sicilia nella notte tra il 16 e il 17 agosto.
Dopo 39 giorni la Sicilia era conquistata e le truppe alleate si preparavano a risalire la penisola, anche se i tedeschi riuscirono a spostare in Calabria gran parte dei loro uomini.
La campagna di Sicilia costò all’Asse 8.600 morti, 20.000 feriti e 140.000 prigionieri di guerra mentre gli Alleati pagarono il prezzo di circa 5.000 morti e 16.000 uomini tra feriti e dispersi.

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