giovedì 8 aprile 2010

L'invasione dell'URSS (Operazione Barbarossa)

Nel 1939 Germania e Unione Sovietica, in vista dell’attacco tedesco alla Polonia, avevano stipulato tra di loro il patto di non aggressione (firmato dai ministri degli esteri Molotov e Von Ribbentrop); con questo accordo i due Paesi si impegnarono a non attaccarsi reciprocamente mentre, in seguito, veniva anche decisa la spartizione dei territori polacchi, dei Paesi baltici e della Bessarabia.
La guerra tra questi due Paesi era, comunque, soltanto rinviata.

I motivi dell’attacco tedesco

L’odio di Hitler per il bolscevismo era molto profondo fin dalla fine del primo conflitto mondiale. La dottrina del suo Partito Nazionalsocialista si basava sul cosiddetto “lebensraum”, lo “spazio vitale”; esso prevedeva l’annessione tedesca dei territori dell’Europa orientale che erano abitati, secondo Hitler, dagli “untermenschen”, cioè da persone che il Fuhrer definiva sub-umane e di razza inferiore. Egli voleva insediare popolazione germanica nella Russia occidentale e deportare i russi in Siberia o ridurli in schiavitù. Considerava la popolazione sovietica composta solo da criminali adatti come forza lavoro per le forze armate naziste.
Per la Germania il controllo di questi territori era fondamentale anche per il fatto che l’Ucraina era ricca di risorse agricole e, soprattutto, nelle zone del Caucaso vi erano importantissimi giacimenti petroliferi.
Intanto, nell’Urss, nella seconda metà degli anni ’30 Stalin aveva eliminato tantissimi generali e ufficiali dell’Armata Rossa nel timore di un colpo di stato militare; gli uomini della polizia segreta (NKVD, Commissariato del Popolo per gli Affari Interni) arrestarono e giustiziarono 3 marescialli su 5 (tra cui Tukachevsky, il principale fautore della guerra corazzata), 13 generali d’armata su 15, 8 ammiragli su 9, 50 generali di corpo d’armata su 57, 154 generali di divisione su 186, 16 commissari d’armata su 16, 25 commissari di corpo d’armata su 28 e circa 35.000 ufficiali dell’esercito.
Inoltre, da un punto di vista strettamente militare, le forze armate sovietiche non potevano sicuramente paragonarsi qualitativamente a quelle germaniche; i loro carri armati erano nettamente inferiori ai Panzer (i nuovi modelli KV1 e T-34 non erano ancora in produzione) e anche i caccia Polikarpov I-16 non reggevano assolutamente il confronto con i Messerschmitt Bf-109.
Hitler considerava, quindi, l’Unione Sovietica molto debole da un punto di vista militare e sosteneva che “dobbiamo solo tirare un calcio alla porta e l’intera struttura, marcia, crollerà”.
Il Fuhrer era molto fiducioso nell’esito dell’attacco; si aspettava una vittoria lampo come quella in Francia e credeva che tutto si sarebbe risolto entro l’inverno; infatti, le sue truppe non vennero nemmeno equipaggiate con vestiario adatto per affrontare il terribile inverno russo, errore che si sarebbe rivelato molto grave nel prosieguo della campagna. I suoi generali avvertirono Hitler dei rischi che si sarebbero corsi dovendo combattere su due fronti ma il Fuhrer era molto sicuro si sé e dell’invincibilità delle sue forze armate ritenendo che la vittoria fosse a portata di mano.
Per preparare l’offensiva la Germania spostò 2,5 milioni di uomini (per un totale di 118 divisioni, 17 delle quali corazzate) vicino alla frontiera con l’Urss; furono anche accumulate grosse quantità di materiali per garantire i rifornimenti alle proprie truppe.
Stalin, nonostante queste prove evidenti e le continue segnalazioni che gli giungevano dai servizi segreti (una sua spia in Giappone, Richard Sorge, gli comunicò addirittura la data esatta dell’attacco), non credeva che Hitler avesse potuto scatenare un’offensiva contro di lui; infatti, pensava che i nazisti non sarebbero avanzati fino a quando la Gran Bretagna non si fosse arresa. Inoltre riteneva che erano gli stessi inglesi a volere uno scontro tra lui e la Germania, teoria che quest’ultima cercava di avvalorare facendo credere ai sovietici di simulare un attacco all’Urss solamente per ingannare i britannici.

Gli schieramenti

Il piano di attacco tedesco prevedeva l’impiego di tre gruppi d’armata.
Il primo (gruppo d’armate Nord, agli ordini del feldmaresciallo Ritter Von Leeb) comprendeva sette divisioni di fanteria (di cui tre motorizzate)e tre divisioni corazzate che formavano il 4° Gruppo Panzer guidato dal generale Erich Hoepner; il supporto aereo era garantito dalla 1° Flotta Aerea del generale Koller. Questo gruppo aveva l’obiettivo di attraversare i tre Paesi baltici e conquistare Leningrado (l’odierna San Pietroburgo).
Il secondo (gruppo d’armate Centro, agli ordini del feldmaresciallo Fedor Von Bock) si sarebbe diretto verso Mosca ed era composto da 41 divisioni di fanteria, una di cavalleria, sei motorizzate e nove corazzate; queste ultime erano divise tra il 2° Gruppo del generale Guderian ed il 3° del generale Hoth. L’appoggio aereo era fornito dalla 2° Flotta Aerea del feldmaresciallo Kesserling.
Il terzo (gruppo d’armate Sud, agli ordini del feldmaresciallo Gerd Von Rundstedt) aveva il compito di conquistare l’Ucraina e la Crimea, attraversare il fiume Dniepr e proseguire verso Stalingrado e i campi petroliferi del Caucaso. Comprendeva 52 divisioni di fanteria (fra cui 4 motorizzate e 4 reparti di montagna), 15 divisioni rumene, due ungheresi e due italiane; inoltre schierava il 1° Gruppo Panzer affidato al generale Von Kleist e suddiviso in 5 divisioni. L’aviazione era presente con la 4° Flotta Aerea al comando del generale Lohr.
Alle forze germaniche i sovietici contrapponevano 160 divisioni di fanteria, 30 di cavalleria e 35 brigate corazzate. Al nord erano guidati dal maresciallo Voroshilov, al centro dal maresciallo Timoshenko e, al sud, dal maresciallo Budenny.
Le forze tedesche avrebbero dovuto combattere su un fronte lunghissimo che andava dal Baltico al Mar Nero, in un territorio povero di strade e di ferrovie e dovendo affrontare grandi problemi di rifornimento vista l’enorme distanza dai punti di partenza.

L’offensiva tedesca

L’offensiva tedesca partì alle 3.15 del 22 giugno 1941, lo stesso giorno in cui, nel secolo prima, ad attaccare la Russia fu Napoleone.
Durante la prima settimana la Luftwaffe mise praticamente fuori combattimento l’aviazione russa; solamente nelle prime quattro giornate distrussero più di 7.000 velivoli nemici.
L’avanzata tedesca fu subito travolgente; grazie alla velocità dei gruppi corazzati i nazisti effettuavano grandi accerchiamenti con cui vennero annientate decine di divisioni sovietiche e catturati migliaia e migliaia di prigionieri; le truppe di Stalin erano mal sistemate e non era stato predisposto un efficace piano di difesa.
Al nord i due corpi corazzati che formavano il 4° Gruppo Panzer, il LVI di Von Manstein e il XLI di Reinhardt, entrarono negli Stati baltici e raggiunsero rapidamente il fiume Dvina conquistando intatto il ponte a Dvinsk.
Avanzando, Reinhardt si diresse verso Pskov e l’Estonia mentre Von Manstein puntava su Novgorod entrando a Luga il 17 luglio. A questo punto Hitler, considerata la grossa distanza venutesi a formare tra i suoi carri armati e la fanteria, ordinò ai primi di fermarsi e di aspettare le truppe; questa decisione diede il tempo ai difensori di Leningrado di organizzarsi e di prepararsi all’assedio.
Al centro l’obiettivo iniziale dei tedeschi era Minsk; i due gruppi corazzati di Hoth e Guderian effettuarono un attacco a tenaglia (partendo, il primo, dalla Prussia orientale e, il secondo, poco a sud di Brest-Litovsk) destinato a chiudersi, il 27 giugno, proprio intorno alla capitale bielorussa; le forze russe vennero chiuse in una sacca intorno a Bialystok e i tedeschi fecero 300.000 prigionieri distruggendo anche circa 3.000 carri armati nemici. I panzer avanzarono e, dopo aver preso Minsk, raggiunsero il fiume Beresina; in soli sei giorni avevano percorso 650 km! L’11 luglio attraversarono il fiume Dniepr e, cinque giorni dopo, entrarono a Smolensk. In questa zona, però, la resistenza russa fu tenace e tenne impegnati i tedeschi fino a metà settembre.
Al sud il Gruppo d’Armate di Von Rundstedt avanzò attraverso la Galizia e l’Ucraina; in questo settore il Gruppo Panzer di Von Kleist si scontrò, il 25 luglio presso Brody, con sei corpi meccanizzati sovietici e, dopo una battaglia di 4 giorni, i tedeschi riuscirono ad avere la meglio. A metà luglio una colonna puntava su Kiev mentre un’altra si dirigeva verso Odessa attraverso la Bessarabia. Il 19 agosto Von Kleist raggiunse il Dniepr nella zona della diga di Zaporozhye ma venne respinto. Hitler riteneva che fosse prioritario impadronirsi definitivamente dell’Ucraina dato che era ricca di grano; ordinò, quindi, al 2° Gruppo di Guderian di andare verso sud a dare man forte a Von Kleist. Dopo che, il 5 settembre, vennero catturati 667.000 soldati sovietici, il giorno 19 Kiev capitolò.
Il maresciallo Budenny fu rimosso dal suo comando e sostituito con il maresciallo Semen Timoshenko.
Dopo che la Wehrmacht oltrepassò i fiumi Dniepr e Dvina, Stalin decise di spostare le industrie pesanti il più indietro possibile; gli impianti di produzione vennero smontati, caricati sui treni, portati oltre gli Urali, in piena Asia centrale, e qui rimontati.
Alla fine di settembre 1941 Hitler riorganizzò le forze presenti sul fronte orientale; alle armate centrali furono riassegnati il 2° Gruppo Panzer di Guderian (di ritorno da Kiev), il 3° di Hoth (rientrante dal nord) e venne aggiunto il 4° di Hoepner (lasciando l’assedio di Leningrado alla fanteria e all’artiglieria). A Von Manstein venne assegnato un nuovo incarico sul fronte Sud.
Il 30 settembre Hitler diede ordine di riprendere l’avanzata su Mosca dando il via all’operazione “Tifone”.
Una settimana dopo la 2° Divisione Panzer occupò Orel e, subito dopo, Guderian si diresse velocemente verso nord per congiungersi con la 2° armata di Von Weichs e chiudere i sovietici in una sacca intorno a Bryansk. Anche il 3° e il 4° Gruppo Panzer si ricongiunsero accerchiando gli avversari intorno a Vyazma e catturando un gran numero di prigionieri, pezzi di artiglieria e carri armati.
Nel frattempo, a nord, iniziò l’assedio di Leningrado, che, alla fine, durerà 900 giorni. Oltre il circolo polare artico, le forze finlandesi e tedesche cercarono di aprirsi la strada per Murmansk ma non andarono mai oltre il fiume Litsa.
A sud le forze di Hitler si diressero verso il Mar d’Azov seguendo tre direzioni: la 6° Armata di Von Reichenau entrò a Kharkov, la 17° di Von Stulpnagel si diresse verso Poltava e l’11° di Von Manstein occupò l’intera penisola della Crimea (ad eccezione della fortezza di Sebastopoli che resistette fino al luglio 1942).
Intanto la 1° Armata Panzer di Von Kleist avanzò verso est in direzione di Rostov per giungere poi nel Caucaso. Il 21 novembre i tedeschi conquistarono la città ma le loro linee di rifornimento si erano allungate tantissimo esponendoli, sui fianchi, ai contrattacchi russi; una settimana dopo un’armata sovietica li attaccò riuscendo a ricacciarli fuori Rostov. Hitler ordinò di non ritirarsi ma Von Rundstedt lo ignorò, decisione che gli costò il comando del Gruppo d’Armate Sud. I tedeschi si ritirarono fino alla linea del fiume Mius riportando la loro prima importante sconfitta della guerra.
Intanto le condizioni ambientali peggiorarono; verso la fine di ottobre vi furono grandi piogge e le strade si trasformarono in piste di fango nelle quali si incagliavano i mezzi tedeschi. Le difficoltà per gli attaccanti aumentarono quando iniziò a nevicare e la temperatura si abbassò bruscamente; i soldati, infatti, non avevano abbigliamento invernale e, quindi, seri problemi a combattere.
A capo delle armate sovietiche era stato nominato il maresciallo Georgi Zukov, proveniente dal settore di Leningrado; alle sue dipendenze vi erano due generali che risulteranno tra i migliori dell’Urss: Ivan Konev e Andrei Yeremenko.

La battaglia di Mosca

A metà novembre i tedeschi provarono ad accerchiare Mosca e i panzer arrivarono fino a trenta chilometri dalla città, giungendo anche al capolinea dei tram. I comandanti volevano fermare l’avanzata per fare riposare i propri soldati (sfiniti dalle marce e dai continui combattimenti) e dotarli di equipaggiamento invernale ma Hitler, dopo furibonde discussioni, rifiutò, sollevando, addirittura, dal comando tutti quelli che non erano d’accordo con lui.
I mezzi tedeschi avevano bisogno di manutenzione e Guderian riferì che, dei suoi 600 carri armati con cui aveva iniziato l’invasione, ne erano utilizzabili solamente una cinquantina. Inoltre, anche i gruppi di partigiani sovietici nelle retrovie si fecero sempre più intraprendenti minacciando continuamente i rifornimenti nemici.
Proprio quando i nazisti erano praticamente arrivati a Mosca, il 6 dicembre 1941 Zukov lanciò la prima controffensiva russa.

Controffensiva sovietica: inverno 1941

Questa controffensiva fu condotta dai rinforzi sovietici (organizzati in 10 armate per un totale di circa 100 divisioni) che, nel frattempo, erano arrivati dalla Siberia e dal confine con il Giappone. Queste truppe, ottimamente equipaggiate per affrontare il freddo, erano di stanza al confine russo-nipponico ma Stalin stipulò un patto di non aggressione con il Sol Levante (che avrebbe, invece, attaccato il sud-est asiatico e le isole del Pacifico) consentendogli, quindi, di poterle trasferire a ovest.
Questi rinforzi, supportati dai carri armati T-34 e dai lanciarazzi “Katiuscia”, il 6 dicembre 1941 attaccarono i tedeschi schierati intorno a Mosca. L’offensiva investì il 2° Gruppo Panzer di Guderian facendolo indietreggiare attraverso Uzlovaya verso Sukhinichi; la successiva decisione presa da Guderian di ritirarsi per evitare l’accerchiamento gli costò il posto: quindici giorni dopo venne destituito da Hitler.
I sovietici attaccarono anche la 4° Armata di Von Kluge cercando di accerchiarla e di distruggerla nella sua posizione a ovest di Mosca. Von Kluge, il 18 dicembre, prese il posto di Von Bock (dimessosi per motivi di salute) al comando del Gruppo d’Armate Centro.
Nella seconda metà di dicembre furono rimossi dal loro incarico, a causa del loro non condividere più le decisioni di Hitler, Von Brauchtisch (Comandante in Capo dell’Esercito), Von Rundstedt, Hoepner e Von Leeb.
A Natale, dopo aver subito notevoli perdite, le forze di Von Kluge erano indietreggiate fino alla linea Rzhev-Vyazma-Bryansk.
Un secondo attacco sovietico fu sferrato a fine gennaio 1942 alla congiunzione tra i gruppi d’armate nord e centro; l’offensiva doveva procedere su due direzioni per convergere a Smolensk ma i tedeschi riuscirono a mantenere distanti tra loro le formazioni sovietiche e ad effettuare una parziale ritirata su posizioni più favorevoli alla difensiva.
A sud i sovietici avanzarono fin sul fiume Donets nei pressi di Izyum formando un cuneo profondo un centinaio di chilometri; verso la fine dell’inverno, però, i tedeschi contrattaccarono e isolarono i russi nella seconda battaglia di Kharkov.

Don, Volga e Caucaso: estate 1942

Nel giugno 1942 i tedeschi, dopo la battaglia di Voronezh, avanzarono verso sud-est seguendo il fiume Don; l’obiettivo era, dopo aver attraversato il Don e il Volga, penetrare nel Caucaso verso i pozzi petroliferi. Il 24 luglio Rostov fu riconquistata.
La 6° Armata di Paulus si diresse verso Stalingrado; il 23 agosto raggiunse il Volga e la città ma qui la battaglia si trasformò in un logorante combattimento casa per casa dato che la resistenza sovietica (consistente nella 62° Armata comandata da Vasilij Ivanovic Cujkov) si era rafforzata.
Nel Caucaso un gruppo d’armate, comandato da List, doveva occupare in successione, secondo i piani, la costa orientale del Mar Nero, i campi petroliferi di Maikop, la città di Grozny e il settore di Baku, sulle rive del Mar Caspio.
Il compito era affidato alla 1° armata corazzata di Von Kleist composta da 15 divisioni. Superò il Don e, dopo che il 5 agosto giunse a Stavropol, il 9 arrivò a Maikop trovando, però, i pozzi petroliferi completamente distrutti. La colonna principale, che aveva come obiettivo Baku, si trovava a circa 500 chilometri dalla città ma non riuscì a proseguire oltre; i nazisti, al massimo della loro penetrazione, arrivarono ai piedi del Caucaso ma qui si fermarono.
La resistenza sovietica, infatti, si fece più tenace e rinforzata con numerose truppe inviate per ferrovia lungo la riva occidentale del Mar Caspio; inoltre, a Kleist furono sottratte forze destinate al settore di Stalingrado.
I tedeschi, comunque, continuarono ad attaccare e il 2 novembre conquistarono Nal’cik, anche se questa fu la loro ultima vittoria.
Arrivò il terribile inverno russo e i sovietici, piano piano, presero l’iniziativa; nelle prime settimane di novembre, alla periferia di Ordzhonikidze, la 13° Divisione Panzer fu sconfitta e le truppe costrette alla ritirata.

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